Violenza di genere: prevenzione e formazione tra conoscenza e consapevolezza
Estratto dall'articolo pubblicato sulla Rivista “Nuovo Sviluppo”, n. 1/2018. Ed. ISSAS ONLUS-Roma
Nella prevenzione della violenza di genere, una parte a mio avviso fondamentale è rappresentata dalla formazione personale della donna: una donna capace di leggere correttamente i comportamenti dell’Altro e consapevole del suo proprio eventuale irrisolto, riconoscerà in tempo utile la natura violenta del partner e se ne allontanerà, non potendo accettare in nessun caso di essere maltrattata.
Occorre quindi promuovere (rafforzare o costruire/ri-costruire) nelle donne, a partire dalla prima fase adolescenziale, con ogni strumento (corsi di formazione mirata, eventi multimediali, laboratori, gruppi esperienziali ...) ed in ogni ambito possibile (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione giovanile, associazioni culturali ...):
- il senso della sacralità inviolabile del Sé
- la costruzione di un “confine” selettivamente permeabile, capace di impedire invasioni/intrusioni esterne e garantire scambi buoni tra mondo interno e mondo esterno
- la creazione di strumenti adatti a riconoscere ed evitare il “maschile aggressore”
- l’atteggiamento mentale di chi prende nelle proprie mani il governo della propria vita: non aspetta che sia l’Altro a cambiare, ma agisce il suo pieno diritto di rifiutare/rompere relazioni inaccettabili.
In questa ottica, cercherò di fare una serie di riflessioni di base sulla realtà interiore della persona violenta in generale ed in particolare del femminicida, e quindi su quella della donna che diventa/rischia di diventare vittima del suo partner.
Chi è l’aggressore?
Contrariamente a quanto il linguaggio utilizzato attualmente dai media nel dare notizie di cronaca nera tenderebbe a far credere, non è affatto vero che chiunque può trasformarsi in un assassino, e che questa “trasformazione” può avvenire da un giorno all’altro, praticamente senza segnali anticipatori.
In realtà, che sia o meno portatrice di una evidente e facilmente riconoscibile psicopatologia, la persona aggressiva vive comunque una dimensione psichica fortemente ego-distonica, dominata da una rabbia devastante ... questa realtà interiore, in qualche modo e ad un qualche livello, comunque si manifesta molto prima dell’azione violenta estrema ed eclatante.
Dal punto di vista causale, la persona aggressiva può essere:
- Una persona che ha una storia di pesanti violenze subìte (di qualunque genere, fisiche o psicologiche, manifeste o sotterranee)
- Una persona cresciuta con modelli di riferimento per i quali l’uso sistematico della violenza è strumento elettivo di affermazione personale e/o fa parte degli stessi strumenti di “lavoro” (famiglie mafiose, ladri di professione, usurai, spacciatori …)
- (Se il comportamento aggressivo è occasionale) Una persona molto spaventata e/o molto impulsiva
- Una persona che ha subìto massicce e continuative frustrazioni dei propri bisogni psicologici fondamentali.
OMISSIS
È possibile per la persona utilizzare strategie attive nella misura in cui dispone di:
- “Un ‘Io’ sufficientemente forte da assicurare
- la dominanza del principio di realtà sul principio di piacere
- la valutazione adeguata della realtà
- l’assunzione di responsabilità
- l’accettazione del limite
- Un ‘Super-Io’ maturo (Coscienza morale e Ideale dell’Io) che permetta l’esperienza empatica ed il rispetto delle regole (etiche e civili)
OMISSIS
Si può facilmente comprendere che i comportamenti aggressivi sono da considerare una risposta passiva alla frustrazione perché non affrontano e non risolvono in alcun modo le vere cause del dolore e della rabbia prodotti dalla mancanza e dai torti subìti ... non cambiano le situazioni ... non costruiscono ma distruggono ... quindi non possono eliminare la sofferenza, ma anzi ne producono di nuova.
La persona violenta, al di là dell’esibizione “muscolare” della sua forza e del suo potere, è nella realtà: passiva (perché non sa reagire in modo costruttivo alla frustrazione), debole (non ha risorse adattive ed il suo Super Io è immaturo), dipendente (sia dai suoi impulsi che dalle situazioni e le persone che li scatenano).
Chi è il femminicida?
In particolare, il femminicida che uccide la donna dalla quale è stato lasciato o teme di essere lasciato è una persona:
- Passiva (non sa reagire attivamente all'abbandono)
- Debole (non sopporta la frustrazione)
- Dipendente (non è in grado di vivere senza il suo “oggetto”)
- Drammaticamente priva del senso di “avere un valore” …
- … e di poter essere amato per ciò che è
Chi è la vittima del femminicida?
La donna che rischia di diventare vittima di femminicidio ha con il suo potenziale aggressore almeno due elementi in comune, sui quali l’azione distruttiva dell’Altro agisce potentemente:
- Una personalità drammaticamente dipendente: è disposta a sopportare qualsiasi cosa pur di non perdere il partner, anche perché ...
- ... vive un senso di profonda svalutazione di Sé: sente di non valere nulla, quindi non è degna di essere amata in modo sano.
Inoltre può:
- Avere una storia di violenza alle spalle, quindi essere maltrattata per lei è “normale”
- Essere portatrice, per qualche ragione, di un vissuto di Sé come oscuramente colpevole, per cui più o meno inconsciamente si considera meritevole di essere punita
- Essere ingenuamente incapace di comprendere la vera natura dell'altro: pensa che in fondo lui la ama e che il suo amore alla fine lo cambierà.
Il vissuto della donna a rischio si coglie molto bene negli stralci di colloquio clinico con due giovanissime donne che riporto di seguito:
B., 19 anni
“La mia storia con P. è finita un mese fa dopo che lui mi aveva mandato all’Ospedale con graffi e morsi; l’ho denunciato ma poi ho ritirato la denuncia: tutti mi dicevano che ero un’infame, che non è così che si risolvono le cose.
Ora ci rivediamo, ma di nascosto perché non posso mettermi contro la mia famiglia.
La prima volta che mi ha picchiato è stato 3 anni fa: mi provocò la contusione della mascella e la frattura del naso, all’Ospedale ho detto che ero caduta; altre volte mi ha picchiato: per un vestito, una gonna, perché ero uscita ... ma questo accade quando io mi comporto in un modo che lui non sopporta (per lui le mie amiche che escono sono tutte puttane); se io non l’avessi portato a quel punto, lui non l’avrebbe fatto ...
Io sono molto contagiata dal fatto che le persone lo ammirano, lo vedono come un punto di riferimento.
Lui risolve tutto con la violenza: se ha un problema prende e mena ...
Gli altri li vedo felici, ed io mi sento sbagliata in mezzo a loro ...
Io includo la possibilità che un giorno lui mi ammazza, se faccio qualcosa”
M., 24 anni
“Ho dato tutta la colpa a me del fatto che lui è stato violento. È con me che lui si incendia, sono io che lo porto all’esasperazione: l’ho conosciuto che era una persona calmissima, non era così ...
Io e lui eravamo a casa dei suoi genitori, abbiamo bevuto una grappa mentre parlavamo di come era andata la cena con i suoi amici ... Non so come è successo, ma lui mi prendeva a calci, io ero a terra e lui continuava, io mi rialzavo gridandogli ‘Guarda cosa mi hai fatto’ e lui continuava; poi è andato in cucina, ha preso un coltello e me lo ha messo davanti al viso dicendo che mi avrebbe ucciso e fatto a pezzi ...
Lui mi ha dato tanto, mille attenzioni, messaggini, premure, ma io voglio sempre di più; sono io che l’ho portato all’esasperazione ...
Ho sempre pensato che lui fosse troppo per me, che non lo meritavo”
Nel testo “Amorosi assassini” (2008) il gruppo delle autrici di “Contro-parola” (Marina Addis Saba, Cristiana di San Marzano, Elena Doni, Paola Gaglianone, Claudia Galimberti, Elena Gianini Belotti, Lia Levi, Dacia Maraini, Maria Serena Palieri, Francesca Sancin, Mirella Serri, Simona Tagliaventi, Chiara Valentini) ha raccolto e descritto circa 300 casi di violenza inflitta a donne dal loro partner in un solo anno (il 2006); quindici di queste tragiche storie sono raccontate nel volume in modo estremamente dettagliato.
È una lettura che consiglio ad ogni donna.
Bibliografia
- AA.VV. “Amorosi assassini/Storie di violenze sulle donne”. Ed. Laterza, 2008
- P. Legrenzi et Al. “Lineamenti di psicologia generale e dell’età evolutiva”. Ed. Le Monnier, 1992
- L. Sapora: "Un metodo per l'osservazione del comportamento individuale", Dispense dell'Insegnamento di "Medicina preventiva, riabilitativa e sociale" al Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi Roma Tre
- L. Sapora: "La gestione dei bisogni e del conflitti: la via distruttiva e l'alternativa costruttiva", Dispense dell'Insegnamento di "Medicina preventiva, riabilitativa e sociale" al Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi Roma Tre
- L. Sapora: “Emozioni in rosso”. Nuovo Sviluppo, n. 1/2017. Ed. ISSAS ONLUS-Roma
- L. Sapora: “Il test semiproiettivo I.Co.S.: uno studio sull’abuso (Il confine del Sé violato)”. www.psiconlineformazione.it